Federica Sassaroli

cat working

Cat Working

 

È stata la giornata internazionale del gatto qualche giorno addietro e domenica torno in scena con una narrazione di gatti, quindi non posso esimermi da qualche riflessione su di loro. Io ho due gatte e chi mi segue su Facebook conosce alcune delle loro avventure attraverso gli episodi della “Domestica Umana”. I gatti sono un dono della natura e del cielo. E ne parliamo in relazione invece ad un altro dono, un dono del covid. Sì perché il covid ci ha fatto diversi doni, tra cui quello dello Smart Working. Il lavoro agile! Agile, capite? Uno magari pesava già 20 chili in più del dovuto prima del covid; con lo smart working, davanti al computer tutto il giorno, ne ha acquisiti altri 10, e si ritrova a fare il “lavoro agile”… ma che agilità può avere! Però, che figata, lo smart working! 

Chi di voi a casa ha una connessione buona? Chi ce l’ha precaria? Chi ce l’ha di merda? Perché sarà figo fare smart working, però bisogna avere i supporti giusti, non il computer che va solo se il criceto fa girare la ruota. 

E ormai anche gli stilisti si sono adeguati e hanno preso ispirazione; i nuovi trend della call autunno-inverno li conoscono tutti: pigiama sotto e giacca da tailleur sopra. 

E chi di voi ha dovuto addomesticare i figli, perché, mentre era in collegamento, cantavano a squarciagola o giocavano a fare la scimmia urlatrice? Oppure dicevano: “Mamma, fammi salutare”… e come Paolini, quello che rompeva i maroni agli inviati televisivi, si mettevano vicino a voi per farsi notare? 

Vorrei conoscere le vostre avventure da smart working. Lasciamo una memoria ai posteri visto che non sappiamo ancora se queste avventure avranno una fine o meno sul suolo italico. Sappiate che in Svizzera, a 25 km dal confine italiano, dove in pratica la pandemia è finita (in Italia no, noi ci affezioniamo a tutto), è terminato anche lo smart working. Ho un amico che mi ha raccontato che l’azienda gli ha lasciato 5 giorni di smart working …all’anno!

Bello eh, lo smart working … se ti gira male, lavori anche alle 10 di sera mentre in tv c’è il Grande Fratello Vip? Forse quella è quando ti gira bene, figurati il resto… 

Però nelle pause puoi fare la lavatrice (cioè fare il bucato, non è che tu “fai” fisicamente la lavatrice…”Caro guarda come sono brava a fare la lavatrice!”) e ti fai un caffè come dio comanda che “non” ti fa rimpiangere quello della macchinetta dell’ufficio, che ha il colore dell’acqua della spugna strizzata quando lavi l’auto. E anche il gusto è più o meno quello. 

Bello lo smart working! Bello per tutti anche per… 

 

TG MIAO

Cronaca dalla famiglia Boccioni, per voce della gatta di casa. 

Sono una gatta pigra che ha interesse solo per la quiete, mangia crocchette, non caccia topi e i tre pesci dell’acquario, più che mettermi appetito, mi fanno pena, con la loro inutilità. Boccheggiano che sembra l’Italia dinnanzi ai potenti del mondo.

 

Sono la gatta pigra della famiglia Boccioni che, però, d’un tratto ha avuto la vita stravolta. 

Anno 2020. Non ricordo il mese. So che era mattina. La mattina in cui tutto è cambiato e nessuno era dove sarebbe dovuto essere. 

Alberto, dopo aver vagato come un automa tra la cucina e il salotto con una tazzina di caffè in mano, si palesa in ciabatte, coi soliti sgualciti pantaloni del pigiama (di quelli col cavallo talmente basso che sembra un pony), ma anche una camicia stirata di tutto punto e una cravatta color assicuratore che ti vuole fottere. 

Accende il computer, fa smart working, il che significa che non va più in ufficio ma lavora in salotto. E la stessa cosa fa sua moglie, Serena, che si lamenta perché, se suo marito usa il computer, non c’è abbastanza banda per il suo tablet. 

E io a chiedermi cosa c’entrassero i suonatori col fatto che lei dovesse armeggiare quel coso con lo schermo. Quando lui le ha ripetuto: “Te l’ho detto di cambiare compagnia”, mi sono chiesta perché mai avrebbe dovuto rinunciare alle solite amicizie proprio adesso che, appunto, non è consentito vedere nessuno? 

Mettetevi nei miei panni, nei panni di una povera micia che non ha mai disturbato nessuno. È terribile, ve lo assicuro. Alberto, continuamente al telefono, parla con i clienti, i colleghi, il suo capo, il suo vice capo, il segretario di uno e dell’altro e sottoposti vari, compreso il magazziniere, il portinaio e la donna delle pulizie. 

Il suo tono di voce è quello di Pavarotti nell’acuto del “Nessun dorma”. Magari io potessi dormire. Non ci riesco perché Serena, lamentandosi con Alberto del volume esagerato, lo sovrasta con gorgheggi striduli, da sembrare Sandra Milo. 

E i bambini reclamano attenzione. Ogni quarto d’ora, Carlo chiama alternativamente “mamma/papà” e Camilla non vuole essere da meno. Se uno ha sete, l’altra ha sete, se lei ha fame, l’altro ha fame. 

A me viene da mandarli a fanculo tutti e due, senza distinzione.
E lui che si lamenta di lei e lei che si lamenta di lui, e tu sei scemo e tu allora sei stupida, e io non ti faccio più mia sorella e a me di essere tua sorella non frega niente, e vai via e no che non me ne vado, e smettila e smettila tu, e io lo dico alla mamma e la mamma intanto dà ragione a me. 

E Serena che dice ai bambini di smetterla perché papà sta lavorando e Alberto dice a Serena di smetterla di dire loro di smetterla perché intanto più si dice loro di smetterla più i marmocchi continuano. 

E Alberto allora parla più forte al telefono e si scusa per il rumore di fondo ma purtroppo i bambini sono a casa da scuola. Ed è un intrecciarsi di parole, di frasi dell’uno che finiscono nelle orecchie dell’ascoltatore dell’altra. E intanto Carlo piange e Camilla giura di non avergli fatto proprio nulla stavolta, lasciando dunque intendere che le volte precedenti qualcosa gli aveva fatto di sicuro, anche se aveva sempre negato, la stronzetta. 

E sono solo le 10 del mattino. 

Inutile che mi auguri che qualcuno, vinto dalla frustrazione, se ne esca almeno a fare la spesa, perché arriva quello che la consegna a domicilio. Chi va ad aprire la porta si trova al cospetto di un tizio bardato come un palombaro. Paura del Covid, vero? 

Lascia le borse. C’è tanta di quella roba neanche fossimo in vista di una carestia epocale. E Serena a spiegare al telefono a sua madre che ha comprato giusto due cosette per i bambini (sniffo) come se i piccoli andassero matti per acciughe, broccoli e cipolline sott’olio. 

Per me non c’è nulla. Sciocca umana

E mi toccano telegiornali, talk show, conduttrici che urlano di primo pomeriggio e pure quegli altri che, verso sera, fanno sempre la conta dei morti (“in Calabria sono 5, in Puglia 6.. c’è qualche regione che offre di più?). 

L’unico nome di deceduto che ho sentito è quello di Luis Sepulveda che pare abbia scritto di un gatto capace di insegnare a volare a una gabbianella. Non so come abbia fatto, il mio simile, ma mi piace l’idea che quel tizio venga ricordato per aver celebrato un micio…un po’ meno per la Gabbianella. 

In questi giorni, fuori, c’è un silenzio irreale, rotto solo dalle sirene delle ambulanze. Se qualcuno prestasse attenzione, probabilmente sentirebbe i miei passi sulle tegole, le rare volte che, volendo allontanarmi dalla confusione di casa, decido di balzare sulla ringhiera e salire lassù, fino al mio punto d’osservazione privilegiato dal quale, però, ora si vede la città vuota. 

C’è di buono che l’aria è pulita.
Per ridurre l’inquinamento occorre fare affidamento su un virus che uccide… sciocchi umani. 

Diciamo che la famiglia Boccioni fa di tutto per indurmi a un’escursione fuori le mura. Alberto sta battendo il record di parole pronunciate in un minuto: ho imparato nuovi aggettivi da abbinare a Dio, alla Madonna e a un bel po’ di santi. 

Sua moglie non riesce a essere competitiva, in fatto di parolacce, solo perché mangia di continuo: se non è un biscotto è una fetta di salame, ma le vanno bene anche frutta fresca, frutta secca, frutta metà e metà, cioccolata e credo perfino le mie crocchette. 

Poi anche lei telefona, un po’ per lavoro ma molto per sapere come se la passano le amiche: credo abbia un aggiornamento quotidiano da mezza città. E i bambini ora stanno capendo che l’andare a scuola non è poi cosa pessima. 

Hanno iniziato le lezioni online, talvolta sonnecchiano davanti al computer, altre volte russano proprio. E talvolta domandano ai loro genitori: “Ma quando finisce il virus?” è la domanda ripetuta di continuo, e le risposte di Alberto e Serena sono convincenti tanto quanto quelle dei virologi in televisione. Cioè poco. 

Quando finisce il virus me lo chiedo anch’io. Voglio ritrovare la quiete perduta.

Forse devo trasferirmi in Svizzera o in Slovenia, lì è finito tutto.

Ecco, ci risiamo. Camilla strilla perché vorrebbe seguire le lezioni di danza online, ma deve fare i conti con Carlo che pretende di giocare a pallone in corridoio. Si sente Cristiano Ronaldo, ma è alto la metà di Messi. 

Sabrina lo rimprovera, Alberto se la prende con sua moglie perché è troppo aggressiva (lei in reltà lo rimprovera perché Carlo non riesce a fare gol). 

I cellulari squillano, in televisione c’è un assessore che litiga con un commerciante che litiga con un parlamentare che litiga con il conduttore che litiga con un assessore che al mercato mio padre comprò. A proposito, Branduardi sta bene, vero? 

C’è Bonolis che urla, Gerry Scotti che li fa cadere nella buca, Maria che cerca amici, e amici che cercano della “maria”. Lo fanno di notte, nei parchi di Milano. Li vedo. 

Invidio tanto Bernarda, la vecchia del piano di sopra: l’essere un po’ sordi, come lei, talvolta, è una gran cosa. Ma, a ben pensarci, neppure i tre in pesci nel nostro acquario se la passano male. Il virus non ha stravolto le loro vite. Perfino Draghi li considera inutili.

Ma forse desideri saperne di più?