Federica Sassaroli

monologo fiumi di parole speciale sanremo

Fiumi di parole

L’altro giorno ero in giro con le gatte al seguito. Vedo avvicinarsi una coppia con un cane. Una delle mie gatte, Gaia. decide di non gradire l’incontro e fa retrofront. Io la seguo. I signori si fermano prima, entrano in auto e la signora, aprendo la portiera dice: “Era quella che va in giro con i gatti, per fortuna è tornata indietro!”. Tralasciando il fatto che sono i gatti che scelgono di venire in giro con me e non viceversa (ma sono dettagli per una “canista”), riflettevo sulla sua frase. 

Io, per lei, “sono quella che va in giro con i gatti”. Punto e stop.

Per la maggior parte delle persone io sono “quella della Vodafone”, per altri io sono “quella dello spagnolo”, per altri ancora “quella della segreteria umana”, “quella di Propaganda”.

Per mio marito sono “quella che ho sposato”, per mia madre “quella che è figlia di mio marito”, per mio padre “quella che è figlia di mia moglie”.

Per me: “Sono quella che si chiama Federica”. A dire il vero, per me, sono anche un sacco di altre cose, fortunatamente.

Sono comunque parcellizzata e catalogata, sempre. E come tutti.

Però io, alla fine, ho tante chances agli occhi del mio piccolo mondo, “sono” tante cose diverse per gli altri. In realtà quelle cose le “faccio” più che esserle.

E quando invece dal tuo “piccolo mondo” ti ritrovi in un “grande mondo”? Magari in prima serata e con milioni di telespettatori? Quella parcellizzazione, quella catalogazione, quell’immagine lì, quella che “la gente” si è fatta di te, non te la scrosti più. 

Vi do una notizia che magari vi inquieta: anche quest’anno c’è il Festival di Sanremo. 

Io mi immagino il cantante di Sanremo. Sanremo deve essere un trita-cantanti oltreché un trita-ovaie…per me per carità, ma forse parlo così perché anche io sono inevitabilmente legata a Sanremo: il mio legame con Sanremo è dato dal fatto che cerco di evitarlo da anni. 

Ve la ricordate: “Marco se n’è andato e non ritorna più e il treno delle 7 e 30 senza lui è un cuore di metallo senza l’anima”? E tu ti sei appena fidanzata con Marco che è partito per il militare e pensi sia un segno. Ed è un segno, perché lui effettivamente si fa una storia parallela e ad un certo punto non ritorna più. Quindi io per Marco sono: “quella che ha cornificato’”.

E ti ricordi che Mia Martini ti aveva già avvisato: “Gli uomini non cambiano. Prima parlano d’amore e poi ti lasciano da sola”. Ah quanta ragione dietro quella botta di allegria!

E poi quando qualche anno dopo intrasenti Massimo Ranieri che stornella un: “Perdere l’amore quando si fa sera” e tu te ne fai una ragione e o continui a credere nell’amore o smetti di guardare Sanremo.

Io ho scelto la seconda.

Le etichette ti ingabbiano in un ruolo e bisogna essere bravi a smarcarsi, molto bravi.

Pensate ai Jalisse, ve la ricordate “Fiumi di Parole”? I Jalisse hanno provato per 25 anni con 25 canzoni diverse a partecipare nuovamente al festival, ma senza successo. 

Io non li conosco bene, ma non credo possano mai aver fatto peggio di Emanuele Filiberto! Io prima di ascoltare la canzone di Emanuele Filiberto pensavo che le cose più turpi le avessero fatte le generazioni dei Savoia che lo avevano preceduto. Macché! Per tanto pessimi che siano stati, Emanuele li ha scavalcati a destra (e io che pensavo che alla loro destra non ci fosse più spazio). Chiedo scusa se vado fuori tema e ancora mi permetto di parlare di destra e sinistra, che effettivamente non esistono più, ma è una magra consolazione la mia. Cerco di farlo per allontanare da me l’idea di stare precipitando nell’abisso del partito unico di memoria orwelliana. Ma io sono qui per parlarvi di qualcosa che per giornalisti e televisioni ha un valore nettamente più importante delle mie preoccupazioni totalitariste: Sanremo e i Jalisse.

I Jalisse si autodefiniscono “artigiani della musica” e non trovo giusto etichettare degli artisti come delle “meteore” solo perché si è fatto Sanremo una sola volta.

Come quando non vediamo più un attore che frequentava la tv e allora diciamo “è scomparso” solo perché non lo vediamo più noi. Ma quello magari è in teatro a lavorare o è davanti alla farmacia…ci sono artisti che hanno passato gli ultimi 2 anni in coda davanti alla farmacia per farsi i tamponi, per poter poi recitare…. quelli che ce l’hanno fatta ancora perlomeno, perché tra tamponi in gola e tamponi nel naso, sono poi finiti dall’otorino laringoiatra, altro che in teatro.

C’è qualcuno tra di voi che è fan dei Jalisse? Ora, se io mandassi in vacca tutto il discorso fatto finora e anche io pensassi che i Jalisse fossero delle meteore, la loro segreteria telefonica risponderebbe così:

 

Risponde la segreteria telefonica dei Jalisse, quelli che nel 1997 vinsero il festival di Sanremo con “Fiumi di parole”. Hai chiamato proprio noi. Siamo come sempre assenti dal Festival, anche se è da 25 anni che riproviamo ad andarci.

Digita 1 se sei Amadeus che si è pentito della nostra 25esima esclusione e vuole richiamarci. 

Digita 2 se sei un fan dei Jalisse.

Digita 3 se hai digitato 2, per farci capire che non ti sei sbagliato.

Digita 4 se pensi che “Fiumi di parole” sia dedicata ai politici.

Digita 5 se davvero sei un fan dei Jalisse e hai già digitato 2 e 3.

Digita 6 se hai già digitato 2, 3, 5… 

Ciao Franco… sei proprio tu!? Che piacere sapere che sei ancora vivo e ci segui!

 

Comunque, tornando alla questione delle etichette, ci sono casi in cui le etichette sono una benedizione, tipo le etichette discografiche. 

Sono una benedizione perché c’è qualcuno che investe su di te. Sono pochi gli artisti che vengono investiti da un’etichetta discografica. Secondo uno studio ISTAT sono molti di più i musicisti e i cantanti investiti da un motorino. C’è sempre un motivo per cui decidono di investire su di te e a volte può essere fatalmente anche un motivo artistico.

A quanto dice Money.it:

“Per i cantanti Big in gara a Sanremo dovrebbe essere riconosciuto il solito indennizzo a titolo di rimborso spese di un importo di circa 48mila euro. Nessun premio in denaro per il vincitore, il quale potrà comunque beneficiare – così come gli altri cantanti in gara – di un ritorno economico non indifferente grazie alle vendite discografiche in crescita, alla popolarità sui social e alle ospitate in tv per merito della visibilità garantita da Sanremo. “

Evito di aprire il capitolo su artisti e visibilità perché forse il Festival di Sanremo è rimasto davvero uno dei pochi luoghi in cui ci sia un pagamento effettivo in “visibilità”. Per tutto il resto … c’è la presa per il culo. Perché io ho provato a dire alla signora che ogni tanto viene ad aiutarmi a fare le pulizie che l’avrei ripagata in visibilità con le mie straordinarie stories. Non capisco come mai non abbia accettato. 

Tornando alle etichette, non quelle degli indumenti che non leggo mai e sbaglio il lavaggio, le etichette discografiche sono sempre più o meno loro: la Sony, la Universal Music, la Warner…

Poi ci sono anche le etichette indipendenti. “Etichette” e “indipendenti”…pare un ossimoro. Per carità…siano benedette le etichette indipendenti tipo la Adalpina Records, ve la ricordate? La Adalpina, la signora delle pulizie di Franco Tamburino, stilista internazionale, personaggio di Giorgio Faletti: “Adalpinaaaaa, taca la musica!”

Ecco, Giorgio Faletti, tra gli artisti che conosco e nazionalpopolari, fu tra i pochissimi a sapersi smarcare dalle etichette. Ha fatto tutto ed è stato conosciuto per le sue numerose sfaccettature: il comico, l’attore, lo scrittore, il cantautore. 

E a volte mi chiedo come sarebbe un mondo artistico ed umano privo di etichette, in cui si possa essere liberi davvero, senza condizionamenti. Soprattutto economici. 

E come citava Giorgio Faletti in “Signor Tenente” nel Sanremo del 1994, sarebbe bello “trovarsi tutti vestiti di vento a inseguirci nel sole, tutti aggrappati ad un filo e non sappiamo dove…”

 

 

 

Ma forse desideri saperne di più?